La nozione di indipendenza economica alla luce della sentenza della Cassazione civile n. 22076/2022
- Inquadramento normativo
- Il concetto di indipendenza economica: elementi di valutazione
- La valutazione in concreto rimessa al giudice
- Le conseguenze della revoca del mantenimento
Inquadramento normativo
In tema di mantenimento dei figli maggiorenni, il codice civile, all’art. 337septies, attribuisce al giudice la facoltà di disporre in favore di figli maggiorenni non autosufficienti economicamente il pagamento di un assegno periodico, da corrispondere, di norma, direttamente al beneficiario.
Dal tenore letterale della norma si evince che l’obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, poiché si protrae fin tanto che lo stesso non abbia raggiunto l’indipendenza economica.
Ne consegue, quindi, che il raggiungimento della maggiore età non è il solo requisito sufficiente per domandare al Tribunale la revoca dell’assegno di mantenimento corrisposto in favore del figlio, in quanto il genitore ha l’onere di provare che il figlio ha conseguito un’occupazione lavorativa idonea a garantirne l’indipendenza economica.
Il concetto di indipendenza economica: elementi di valutazione
Si è detto, nel paragrafo precedente, che l’elemento da prendere in considerazione affinché il genitore possa ritenersi liberato dell’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne è il reperimento da parte del figlio maggiorenne di un lavoro che garantisca a quest’ultimo un reddito sufficiente al proprio mantenimento.
Ci si domanda, quindi, quali siano i parametri da tenere in considerazione per valutare se, effettivamente, un’attività lavorativa è idonea a garantire l’indipendenza economica.
A tal riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che il concetto di indipendenza economica deve essere inteso come la capacità di conseguire reddito dalla propria attività lavorativa in conseguenza della collocazione nel mondo del lavoro, la quale deve essere adeguata alle attitudini e alle capacità professionali del figlio maggiorenne.
In tal senso, l’indipendenza economica può essere raggiunta tanto mediante il conseguimento di una occupazione lavorativa a tempo indeterminato quanto a tempo determinato, purché non si tratti di un’attività del tutto precaria e saltuaria che non esprime un effettivo collocamento nel mondo del lavoro.
Giova però precisare che, l’adeguatezza del lavoro rispetto alle proprie attitudini non può giustificare un eccessivo decorso del tempo nella ricerca di una occupazione poiché, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, il figlio deve impegnarsi attivamente nella ricerca di un lavoro in base alle opportunità reali del mercato del lavoro e non rimanere inerte, ovvero perseguire aspirazioni non pertinenti alle proprie qualifiche e alla richiesta nel mondo del lavoro.
La valutazione in concreto rimessa al Giudice
Se, quindi, il raggiungimento dell’indipendenza economica non è diretta conseguenza del conseguimento di un’attività lavorativa, il ruolo che spetta al Giudice al quale sia richiesta la revoca dell’assegno di mantenimento è la verifica in concreto dei requisiti fattuali che dimostrino il conseguimento effettivo di tale indipendenza economica.
Questo l’approdo della sentenza della Cassazione Civile, sez. I, 12/07/2022 n. 22076, che sul punto ha sottolineato la necessità per il giudicante di verificare gli elementi offerti dalle parti onerate (e quindi anche le prove offerte dal figlio a sostegno dell’inadeguatezza dell’occupazione rispetto al conseguimento dell’indipendenza economica), che attengono tanto alle caratteristiche dell’attività lavorativa, quanto alle aspirazioni e alle capacità effettive del figlio maggiorenne, nonché agli strumenti offerti materialmente dal genitore per conseguire l’indipendenza economica.
Tali motivazioni devono essere quindi il fondamento della motivazione del Giudice, posto che, l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne è comunque concepito come un’eccezione rispetto al sistema.
Le conseguenze della revoca del mantenimento
La sentenza della Suprema Corte n. 22076/2022 offre, infine, un’importante conferma circa l’impossibilità di vedersi nuovamente riconosciuto l’assegno di mantenimento successivamente alla revoca.
L’obbligo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne cessa, infatti, con il provvedimento di revoca da parte del Giudice e non può sorgere di nuovo poiché tale facoltà non è riconosciuta dall’ordinamento.
Come chiarito, infatti, dalla sentenza n. 22076/2022, una volta venuto meno l’obbligo di mantenimento per effetto della revoca giudiziale, tale diritto non può sorgere nuovamente qualora, ad esempio, il figlio perda il lavoro: si tratta, infatti, di un diritto ancorato a presupposti di legge ben precisi, distinti dall’obbligo meramente di natura alimentare con la conseguenza che esso non può essere condizionato al verificarsi o meno di eventi futuri ed incerti.
Proprio per tali motivi, e per l’impossibilità di riacquisto successivamente alla revoca, la valutazione sottesa al provvedimento giudiziale di revoca del mantenimento deve essere svolta scrupolosamente e mediante un’attenta verifica delle circostanze concrete del caso di specie da parte del giudice.
Avv. Maria Chiara Noceti